Ciò che riporto in questo articolo è frutto si, di informazioni e conoscenze apprese tramite seminari e letture personali, ma soprattutto, dall’ascolto quotidiano delle mie emozioni.
Esiste un confine oltre il quale il pensiero cosciente non si muove. Occorre uno “sforzo” di volontà per spostare la nostra attenzione, verso una zona d’ombra della nostra coscienza, dove sono nascosti i “significati” che si celano dietro alle nostre emozioni. (Ascoltando te).
Ogni significato è correlato ad una immagine o ricordo. In esso è racchiusa la memoria di un fatto accaduto nella nostra vita e cosa ben più importante, il come lo abbiamo “interpretato” e al quale siamo rimasti ancorati emotivamente. La rimozione è quel meccanismo utile e necessario che ci permette di “lasciare a galla” , emozioni dolorose che rimangono in uno stato di quiescenza.
Rifiuto, abbandono, ingiustizia, umiliazione e tradimento sono le cinque ferite che ogni essere umano vive nelle sue profondità. Quando ho iniziato a mettermi in ascolto, mi sono accorto di una cosa prima di tutto. Quotidianamente se ci fai attenzione, sei immerso in una sorta di “sottofondo emotivo”, che regola il tuo umore.
Sono l’insieme di pensieri subconsci che rumoreggiano nella tua testa a tua insaputa. Possiamo definirlo più semplicemente “stato d’animo”, ma quello che voglio evidenziare qui è che esso condiziona le nostre scelte e quando le cose vanno storte ci diciamo: “Oggi mi sento così!” Oppure: “Oggi è andata così!”
Ascoltare te vuol dire proprio darsi la possibilità di entrare in contatto con quel “rumoreggiare nella testa”, che non può essere visto ed interpretato razionalmente.
Perché qui stiamo parlando di emozioni che tutto sono, tranne che qualcosa di razionale! La domanda è:
- Cosa sento dentro di me?
- E dove lo sento?
- Nella pancia?
- Nel petto?
- Nella gola?
- Nella testa?
Quello che sento è solo la punta di un iceberg. Sotto quella emozione diffusa, c’è tutta una storia che chissà da quanto tempo, ci sta raccontando qualcosa su noi stessi e sulla percezione che abbiamo del mondo.
Quando mi fermo ad ascoltarmi, scelgo un luogo tranquillo dove so che per almeno un’ora non sarò disturbato. Mi siedo comodo e chiudo i miei occhi, ma non necessariamente.
Inizio a respirare portando l’attenzione sull’inspirazione e l’espirazione. In quel momento avverto maggiormente quell’emozione che si presenta sempre, come una sensazione confusa, a nulla riconducibile. Per quanto tu ti voglia sforzare, non riesci a capire cosa si nasconde dietro! A questo punto se sento l’emozione all’altezza della pancia, mi concentro su quella zona, magari ripongo su di essa una mano.
In quel momento è avvenuto un contatto. Successivamente inizio a dialogare con quella parte dicendole così: ” Io sono qui per te. Desidero ascoltarti perché ho bisogno di prendere coscienza di quello che porto dentro, per liberarlo ed essere così, a mia volta libero. Adesso ti do il permesso di esprimerti!”
Quello che deve essere chiaro in questo dialogo è che la prerogativa al giudizio deve cessare. Ogni emozione veicola immagini e significati e per questo, raccontano qualcosa di te, così com’è! Quindi rimango in ascolto.
Lascia che ciò che è sia
La chiave per lavorare con le proprie emozioni e riuscire ad integrarle, è proprio la capacità di uscir fuori dalla trappola del giudizio. Il segreto è proprio questo, rimanere lì, dentro a quell’emozione, attraversandola tutta fino a quando all’improvviso inizierà a mostrarti immagini passate, cose che avevi dimenticato, momenti nei quali hai sentito un dolore, qualcosa che ha interrotto il tuo naturale movimento verso l’amore.
A quel punto entrando nell’emozione che ti sta mostrando i suoi contenuti autentici, potrai esprimerli totalmente in maniera sana, in quel momento stesso. Capirai il perché di tante tue scelte passate e di tante tue reazioni. In questo processo stai incontrando una parte di te che si è sentita ferita, non amata ma che ha necessariamente voluto dimenticare.
E le nostre emozioni sono proprio quel campanello, quel filo conduttore che in determinate circostanze, fanno scattare un allarme che richiama la nostra attenzione. A questo punto durante il mio ascolto, rimango sempre lì, dentro e senza nessun controllo e giudizio, continuo ad essere testimone, davanti a questo flusso di coscienza che continua a raccontarmi di quello che sento in profondità dentro di me.
Molto spesso all’emozione di dolore si accompagna una forte catarsi. Un pianto, un momento di disperazione come se l’esperienza che stai ricordando, fosse lì davanti ai tuoi occhi, la rivivi con tutti i suoi contenuti. Personalmente tendo ad andare in profondità sempre di più, fino a quando sento che il quadro è completo o quasi. Successivamente dopo essermi calmato nel caso di una catarsi, passo alla fase di “integrazione”.
Questo è un passaggio di chiusura molto importante. Permette di accogliere e quindi integrare il contenuto emerso completamente. Integrare vuol dire unire, accogliere è sapere che non c’è nulla che deve essere perdonato. La frase che uso è: “Resta qui con me, siedi qui accanto a me. Staremo insieme sempre. Puoi essere quello che sei.” Lasci libero per essere a tua volta libero.
Credere che una emozione sia sbagliata è proprio quello che ci fa percepire separati da noi stessi. Lo facciamo sempre con determinati pensieri. Quando arrivano, cerchiamo di cacciarli via perché evocano emozioni contrastanti e dolorose. Spesso vanno a cozzare con l’immagine ideale che abbiamo di noi stessi. Un pò come quando la maestra ci metteva alla lavagna per scrivere i compagni cattivi e quelli buoni, separati da una linea netta al centro.
Quante volte mi accorgo che nel rumore dei miei pensieri, c’è un sottofondo dove diverse emozioni vorrebbero manifestarsi. Siamo abituati a dirci: “Basta, adesso sono stanco. Mi distraggo con qualcosa così mi passa!” Oppure quando accade qualcosa durante la giornata che turba la nostra apparente tranquillità.
Siamo propensi a non dare peso a certi campanelli di allarme. Cerchiamo distrazioni. Il lavoro sulle emozioni ci fa crescere. Ci aiuta ad essere maggiormente presenti a noi stessi. Ti fa sentire maggiormente abile a rispondere (responsabile) alle cose della vita. Ma soprattutto, ci aiuta a sviluppare sempre più, quel saper essere “testimone” di ciò che dentro di noi si muove. Così la tua esperienza cambia, perché ti rendi conto che non sei i tuoi pensieri, ne le tue emozioni.
Sarà più semplice “osservare” in modo distaccato, te stesso quando a cospetto di “brutti pensieri”, smetterai di difenderti scappando, senza renderti conto che infondo, ti stai giudicando e disprezzando.
Questo lavoro su di se ha richiesto e continua a richiedere un certo impegno. Maggiore chiarezza e unità porti avanti, dentro di te e maggiori saranno gli stati di gioia e pienezza che affioreranno dalla tua coscienza.